Al quotidiano
IL TEMPO
Oggetto: ANCORA BUFALE SUL TFR DEGLI STATALI
Gent.le Direttore,
avverto il dovere di intervenire a nome e per conto della Federazione che rappresento in merito all’articolo pubblicato sul quotidiano da Lei diretto, in data 30 gennaio con il titolo “SI SBLOCCA IL TFR DEGLI STATALI”, visto che sulla questione l’UNSA sta svolgendo una battaglia di civiltà giuridica da molti anni.
L’annuncio da parte dell’On. Claudio Durigon, esponente della Lega, della definitiva soluzione delle questioni sollevate dai lavoratori in merito alla violazione del diritto a riscuotere il TFR/TFS in tempi ragionevoli, rappresenta l’ennesimo tentativo di “depistare” una vicenda giudiziaria, nata da aberrazioni giuridiche partorite da una pessima politica che oggi, piuttosto che porre rimedio e ripristinare i diritti dei lavoratori pubblici ingiustamente violati, continua ad usare le loro “tasche” a scopi propagandistici.
Si tratta del c.d. anticipo del TFR introdotto con il d.l. 28 gennaio 2019 n. 4 con il quale sarebbe stato introdotto un canale preferenziale ed agevolato di credito, in favore dei lavoratori del settore del pubblico impiego, al fine di ottenere dagli istituti di credito convenzionati un prestito nella misura di 45.000 euro a titolo di anticipazione del trattamento di fine rapporto o fine servizio.
Premesso che l’intera operazione è totalmente fallita perché nessun istituto di credito ha aderito alla convenzione, va anche detto che trattandosi di un prestito, ancorchè a condizioni agevolate, esso ha un costo che è a carico del dipendente cessato dal servizio e che è uscito dal mercato del lavoro.
Nell’articolo pubblicato dal quotidiano IL TEMPO, L’On. Durigon segnala che il rimedio introdotto per iniziativa sua e dell’On. Massimo Garavaglia sarebbe la soluzione alle criticità rilevate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 159 del 2019, sentenza ottenuta dall’iniziativa della Federazione sindacale CONFSAL-U.N.S.A. con il Segretario Generale Massimo Battaglia e condotta a termine dall’avv. Antonio Mirra, suo legale. Peccato che la Corte Costituzionale, con la sentenza impropriamente citata dall’On. Durigon, abbia chiarito che l’indennità di buonuscita e le indennità di fine rapporto comunque denominate assumono il carattere di retribuzione differita e, come tali, devono assicurare le finalità previste dall’articolo 36 della Costituzione –garantire cioè al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Il tfr e le altre indennità di fine servizio, spiega la Corte, “si prefiggono di accompagnare il lavoratore nella delicata fase dell’uscita dalla vita lavorativa attiva” e sono corrisposte al momento della cessazione dal servizio “allo scopo di agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione”.
Le disposizioni censurate con il provvedimento di rinvio alla Corte–che per ragioni di equilibrio di bilancio hanno introdotto il differimento e la rateizzazione della c.d. liquidazione spettante agli statali –sono legittime però, prosegue la Corte, solo nei casi, come quello portato al suo giudizio, in cui il lavoratore cessi dal servizio in anticipo rispetto al raggiungimento del limite di età o di servizio.
La Corte pur segnalando l’estraneità ed esse del caso sottoposto al giudizio di costituzionalità, ha ritenuto di non potersi esimere dal “segnalare al Parlamento l’urgenza di ridefinire una disciplina non priva di aspetti problematici, nell’ambito di una organica revisione dell’intera materia, peraltro indicata come indifferibile nel recente dibattito parlamentare”.
Il ragionamento della Corte Costituzionale è chiaro laddove la stessa indica che, nei confronti dei lavoratori cessati dal servizio per anzianità o per vecchiaia, le norme che dispongono differimenti e/o rateizzazioni del TFR violano il diritto del lavoratore ad una esistenza libera e dignitosa e non si giustificano neppure di fronte ad esigenze di equilibrio di bilancio.
L’iniziativa legislativa dell’On. Durigon, quindi, non solo non è utile a realizzare quella che egli stesso definisce “esigenza di superamento di una discrepanza tra i dipendenti pubblici e privati” ma costituisce una beffa per i lavoratori pubblici che -esattamente come è avvenuto negli ultimi dieci anni -devono continuare a ricorrere al credito per far fronte alle proprie esigenze.
Sulla questione, la Federazione CONFSAL-U.N.S.A. ha più volte provveduto a diffidare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro per la pubblica amministrazione Fabiana Dadone ad attuare le raccomandazioni della Corte Costituzionale contenute nella sentenza 159 del 2019, ma senza alcuna risposta.
Conseguentemente ha dato mandato al proprio legale avv. Mirra di avviare una specifica azione legale per il ripristino dei diritti dei lavoratori che, certo, ad oggi, non devono ringraziare nessuno.
L’udienza per questa ennesima iniziativa giudiziaria dell’UNSA -che rappresenta una battaglia di civiltà per il rispetto del lavoro pubblico- è stata fissata a maggio 2021 dal Tribunale di Velletri.
Le porgo i miei più cordiali saluti.
Il Segretario Generale
Massimo Battaglia
Avv. Antonio Mirra